martedì 19 maggio 2009

Da "Il Piccolo Principe" "L'essenziale è invisibile agli occhi"

In quel momento apparve la volpe.
"Buon giorno", disse la volpe.

"Buon giorno", rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno.

"Sono qui", disse la voce, "sotto al melo..."

"Chi sei?" domandò il piccolo principe, "sei molto carino..."

"Sono una volpe", disse la volpe.

"Vieni a giocare con me", le propose il piccolo principe, sono così triste..."

"Non posso giocare con te", disse la volpe, "non sono addomestica".

"Ah! scusa", fece il piccolo principe. Ma dopo un momento di riflessione soggiunse: "Che cosa vuol dire "addomesticare"?"

"Non sei di queste parti, tu", disse la volpe, "che cosa cerchi?"

"Cerco gli uomini", disse il piccolo principe.

"Che cosa vuol dire "addomesticare"?"

"Gli uomini" disse la volpe, "hanno dei fucili e cacciano. È molto noioso! Allevano anche delle galline. È il loro solo interesse. Tu cerchi delle galline?"

"No", disse il piccolo principe. "Cerco degli amici. Che cosa vuol dire "addomesticare"?"

"È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire "creare dei legami"..."

"Creare dei legami?"

"Certo", disse la volpe. "Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo".

"Comincio a capire" disse il piccolo principe. "C'è un fiore... credo che mi abbia addomesticato..."

"È possibile", disse la volpe. "Capita di tutto sulla Terra..."

"Oh! non è sulla Terra", disse il piccolo principe.

La volpe sembrò perplessa: "Su un altro pianeta?"

"Sì".

"Ci sono dei cacciatori su questo pianeta?"

"No".

"Questo mi interessa. E delle galline?"

"No".

"Non c'è niente di perfetto", sospirò la volpe. Ma la volpe ritornò alla sua idea: "La mia vita è monotona. Io dò la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell'oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano..."

La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe: "Per favore... addomesticami", disse.

"Volentieri", disse il piccolo principe, "ma non ho molto tempo, però. Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose".

"Non ci conoscono che le cose che si addomesticano", disse la volpe. "Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!"

"Che cosa bisogna fare?" domandò il piccolo principe.

"Bisogna essere molto pazienti", rispose la volpe. "In principio tu ti sederai un pò lontano da me, così, nell'erba. Io ti guarderò con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un pò più vicino..."

Il piccolo principe ritornò l'indomani.

"Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora", disse la volpe. "Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell'ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore... Ci vogliono i riti".

"Che cos'è un rito?" disse il piccolo principe.

"Anche questa è una cosa da tempo dimenticata", disse la volpe. "È quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora dalle altre ore. C'è un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedì ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedì è un giorno meraviglioso! Io mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi, i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza".

Così il piccolo principe addomesticò la volpe. E quando l'ora della partenza fu vicina: "Ah!" disse la volpe, "... piangerò".

"La colpa è tua", disse il piccolo principe, "io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi..."

"È vero", disse la volpe.

"Ma piangerai!" disse il piccolo principe.

"È certo", disse la volpe.

"Ma allora che ci guadagni?"

"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano". Poi soggiunse: "Và a rivedere le rose. Capirai che la tua è unica al mondo. Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalerò un segreto".

Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose.

"Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente", disse. "Nessuno vi ha addomesticato, e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico ed ora è per me unica al mondo".

E le rose erano a disagio.

"Voi siete belle, ma siete vuote", disse ancora. "Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei che ho innaffiata. Perché è lei che ho messa sotto la campana di vetro. Perché è lei che ho riparata col paravento. Perché su di lei ho uccisi i bruchi (salvo i due o tre per le farfalle). Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa".

E ritornò dalla volpe.

"Addio", disse.

"Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".

"L'essenziale è invisibile agli occhi", ripetè il piccolo principe, per ricordarselo.

"È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".

"È il tempo che ho perduto per la mia rosa..." sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.

"Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa..."

"Io sono responsabile della mia rosa..." ripetè il piccolo principe per ricordarselo.

lunedì 4 maggio 2009

Assignment 8 : Valutazione corso

Mi trovo a dover esprimere un giudizio e dare una valutazione all'intero corso di informatica, aimè con immensa difficoltà. Sono costretta ad amettere che per nulla mi sento in diritto di far ciò, considerando la mia scarsa partecipazione alle tematiche affrontate dalla blogoclasse; aldilà dello svolgimento degli Assignments dati dal professore, raramente ho mostrato iniziativa ed intraprendenza per esprimere il mio pensiero circa una qualche temantica o commentare i post dei miei colleghi. La motivazione di ciò penso sia da ricercare probabilmente nella mia scarsa dimestichezza nell'uso del computer o nella convinzione che una mia opinione fosse del tutto priva di interesse agli occhi di altri; a tal proposito devo confessare la mia meraviglia di fronte a commenti che mi sono stati lasciati su alcuni post. L'impegno che ho cercato di riporre per la vita di questo blog non è stato poco privo di fatica; talvolta mi è apparso come una forzatura se non addirittura una costrizione, a tal punto quasi da farmi rimpiangere di non essere rimasta nella schiera dello "zoccolo duro" a seguire le lezioni frontali per poi affrontare il test di fine corso.
So di non essere l'unica che abbia riscontrato difficoltà nel gestire un proprio blog; mi rattristerebbe però dover pensare che ciò sia derivato da scarsi interesse ed impegno per un corso che possa esser stato considerato di importanza irrilevante, lasciato lì in un angolo in attesa di un ritaglio di tempo da potergli dedicare.
Nonostante tutto ho deciso di voler continuare l'esperienza blog per cercare di avvicinarmi il più possibile, anche se con scarsi risultati, a ciò che più volte il professore ha cercato di dirci, o almeno a ciò che io ho estrapolato dai suoi discorsi.
L'anno scorso a Biotecnologie ho frequentato il corso di informatica; si è svolto come un normale corso basato su lezioni frontali e terminante con un questionario a risposta multipla. Il programma svolto ha riguardato le componenti di un calcolatore, hardware, software, codifica mediante sistema binario, memorie, sistemi operativi, utilizzo di fogli elettronici e quant' altro.
Frequentando quest'anno un corso di informatica improntato su un metodo completamente diverso, forse mi sento in grado di capire quello che il professore ha voluto insegnarci: il computer e il web sono strumenti che forse bisognerebbe conoscere non tanto, meglio non solo, per come sono costituiti, ma piuttosto per l'uso pratico e soprattutto di grande utilità che può esserne fatto. Alla fine la nascita del web è questa, mettere in comunicazione tra loro persone e dar vita ad un estesissimo baratto di notizie, idee, informazioni.
Io non sono riuscita a rendermi totalmente partecipe a questa rete di connessioni, perchè in parte convinta che sia importante che uno scambio di pensieri debba avvenire anche faccia a faccia; sono ancora legata ai rapporti a diretto contatto, osservare il volto, le espressioni ed i gesti di chi mi è davanti, per quanto sappia che a volte possano esser un freno o un ostacolo.

Concludo volendo far riflettere sul fatto che non sono l'unica che ha avuto queste reticenze ad esprimersi e difficoltà nella gestione del blog; getto quindi l'interrogativo se tutto ciò sia dipeso esclusivamente da noi oppure ci sia qualche miglioria da poter proporre al corso. Sarebbe interessante che altri che abbiamo avuto i miei stessi porblemi rispondessero e dicessero la loro...

Ossequi...

giovedì 23 aprile 2009

I sepolcri

E' un periodaccio... Nell'ultimo mese ho ricevuto più volte la triste notizia che qualcuno che conoscessi avesse perduto un amico. Incomprensibilmente ho sentito il bisogno di rileggere I sepolcri..
Vorrei condividere con tutti la mia ode preferita, sperando di trovare qualcun altro che possa provare le stesse cose che provo io nel leggerla...

All'ombra de' cipressi e dentro l'urne
confortate di pianto è forse il sonno
della morte men duro? Ove piú il Sole
per me alla terra non fecondi questa
bella d'erbe famiglia e d'animali,
e quando vaghe di lusinghe innanzi
a me non danzeran l'ore future,
né da te, dolce amico, udrò piú il verso
e la mesta armonia che lo governa,
né piú nel cor mi parlerà lo spirto
delle vergini Muse e dell'amore,
unico spirto a mia vita raminga,
qual fia ristoro a' dí perduti un sasso
che distingua le mie dalle infinite
ossa che in terra e in mar semina morte?
Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme,
ultima Dea, fugge i sepolcri: e involve
tutte cose l'obblío nella sua notte;
e una forza operosa le affatica
di moto in moto; e l'uomo e le sue tombe
e l'estreme sembianze e le reliquie
della terra e del ciel traveste il tempo.
Ma perché pria del tempo a sé il mortale
invidierà l'illusïon che spento
pur lo sofferma al limitar di Dite?
Non vive ei forse anche sotterra, quando
gli sarà muta l'armonia del giorno,
se può destarla con soavi cure
nella mente de' suoi? Celeste è questa
corrispondenza d'amorosi sensi,
celeste dote è negli umani; e spesso
per lei si vive con l'amico estinto
e l'estinto con noi, se pia la terra
che lo raccolse infante e lo nutriva,
nel suo grembo materno ultimo asilo
porgendo, sacre le reliquie renda
dall'insultar de' nembi e dal profano
piede del vulgo, e serbi un sasso il nome,
e di fiori odorata arbore amica
le ceneri di molli ombre consoli.
Sol chi non lascia eredità d'affetti
poca gioia ha dell'urna; e se pur mira
dopo l'esequie, errar vede il suo spirto
fra 'l compianto de' templi acherontei,
o ricovrarsi sotto le grandi ale
del perdono d'lddio: ma la sua polve
lascia alle ortiche di deserta gleba
ove né donna innamorata preghi,
né passeggier solingo oda il sospiro
che dal tumulo a noi manda Natura.
Pur nuova legge impone oggi i sepolcri
fuor de' guardi pietosi, e il nome a' morti
contende. E senza tomba giace il tuo
sacerdote, o Talia, che a te cantando
nel suo povero tetto educò un lauro
con lungo amore, e t'appendea corone;
e tu gli ornavi del tuo riso i canti
che il lombardo pungean Sardanapalo,
cui solo è dolce il muggito de' buoi
che dagli antri abdüani e dal Ticino
lo fan d'ozi beato e di vivande.
O bella Musa, ove sei tu? Non sento
spirar l'ambrosia, indizio del tuo nume,
fra queste piante ov'io siedo e sospiro
il mio tetto materno. E tu venivi
e sorridevi a lui sotto quel tiglio
ch'or con dimesse frondi va fremendo
perché non copre, o Dea, l'urna del vecchio
cui già di calma era cortese e d'ombre.
Forse tu fra plebei tumuli guardi
vagolando, ove dorma il sacro capo
del tuo Parini? A lui non ombre pose
tra le sue mura la città, lasciva
d'evirati cantori allettatrice,
non pietra, non parola; e forse l'ossa
col mozzo capo gl'insanguina il ladro
che lasciò sul patibolo i delitti.
Senti raspar fra le macerie e i bronchi
la derelitta cagna ramingando
su le fosse e famelica ululando;
e uscir del teschio, ove fuggia la luna,
l'úpupa, e svolazzar su per le croci
sparse per la funerëa campagna
e l'immonda accusar col luttüoso
singulto i rai di che son pie le stelle
alle obblïate sepolture. Indarno
sul tuo poeta, o Dea, preghi rugiade
dalla squallida notte. Ahi! su gli estinti
non sorge fiore, ove non sia d'umane
lodi onorato e d'amoroso pianto.
Dal dí che nozze e tribunali ed are
diero alle umane belve esser pietose
di se stesse e d'altrui, toglieano i vivi
all'etere maligno ed alle fere
i miserandi avanzi che Natura
con veci eterne a sensi altri destina.
Testimonianza a' fasti eran le tombe,
ed are a' figli; e uscían quindi i responsi
de' domestici Lari, e fu temuto
su la polve degli avi il giuramento:
religïon che con diversi riti
le virtú patrie e la pietà congiunta
tradussero per lungo ordine d'anni.
Non sempre i sassi sepolcrali a' templi
fean pavimento; né agl'incensi avvolto
de' cadaveri il lezzo i supplicanti
contaminò; né le città fur meste
d'effigïati scheletri: le madri
balzan ne' sonni esterrefatte, e tendono
nude le braccia su l'amato capo
del lor caro lattante onde nol desti
il gemer lungo di persona morta
chiedente la venal prece agli eredi
dal santuario. Ma cipressi e cedri
di puri effluvi i zefiri impregnando
perenne verde protendean su l'urne
per memoria perenne, e prezïosi
vasi accogliean le lagrime votive.
Rapían gli amici una favilla al Sole
a illuminar la sotterranea notte,
perché gli occhi dell'uom cercan morendo
il Sole; e tutti l'ultimo sospiro
mandano i petti alla fuggente luce.
Le fontane versando acque lustrali
amaranti educavano e vïole
su la funebre zolla; e chi sedea
a libar latte o a raccontar sue pene
ai cari estinti, una fragranza intorno
sentía qual d'aura de' beati Elisi.
Pietosa insania che fa cari gli orti
de' suburbani avelli alle britanne
vergini, dove le conduce amore
della perduta madre, ove clementi
pregaro i Geni del ritorno al prode
cne tronca fe' la trïonfata nave
del maggior pino, e si scavò la bara.
Ma ove dorme il furor d'inclite gesta
e sien ministri al vivere civile
l'opulenza e il tremore, inutil pompa
e inaugurate immagini dell'Orco
sorgon cippi e marmorei monumenti.
Già il dotto e il ricco ed il patrizio vulgo,
decoro e mente al bello italo regno,
nelle adulate reggie ha sepoltura
già vivo, e i stemmi unica laude. A noi
morte apparecchi riposato albergo,
ove una volta la fortuna cessi
dalle vendette, e l'amistà raccolga
non di tesori eredità, ma caldi
sensi e di liberal carme l'esempio.
A egregie cose il forte animo accendono
l'urne de' forti, o Pindemonte; e bella
e santa fanno al peregrin la terra
che le ricetta. Io quando il monumento
vidi ove posa il corpo di quel grande
che temprando lo scettro a' regnatori
gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela
di che lagrime grondi e di che sangue;
e l'arca di colui che nuovo Olimpo
alzò in Roma a' Celesti; e di chi vide
sotto l'etereo padiglion rotarsi
piú mondi, e il Sole irradïarli immoto,
onde all'Anglo che tanta ala vi stese
sgombrò primo le vie del firmamento:
- Te beata, gridai, per le felici
aure pregne di vita, e pe' lavacri
che da' suoi gioghi a te versa Apennino!
Lieta dell'aer tuo veste la Luna
di luce limpidissima i tuoi colli
per vendemmia festanti, e le convalli
popolate di case e d'oliveti
mille di fiori al ciel mandano incensi:
e tu prima, Firenze, udivi il carme
che allegrò l'ira al Ghibellin fuggiasco,
e tu i cari parenti e l'idïoma
désti a quel dolce di Calliope labbro
che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma
d'un velo candidissimo adornando,
rendea nel grembo a Venere Celeste;
ma piú beata che in un tempio accolte
serbi l'itale glorie, uniche forse
da che le mal vietate Alpi e l'alterna
onnipotenza delle umane sorti
armi e sostanze t' invadeano ed are
e patria e, tranne la memoria, tutto.
Che ove speme di gloria agli animosi
intelletti rifulga ed all'Italia,
quindi trarrem gli auspici. E a questi marmi
venne spesso Vittorio ad ispirarsi.
Irato a' patrii Numi, errava muto
ove Arno è piú deserto, i campi e il cielo
desïoso mirando; e poi che nullo
vivente aspetto gli molcea la cura,
qui posava l'austero; e avea sul volto
il pallor della morte e la speranza.
Con questi grandi abita eterno: e l'ossa
fremono amor di patria. Ah sí! da quella
religïosa pace un Nume parla:
e nutria contro a' Persi in Maratona
ove Atene sacrò tombe a' suoi prodi,
la virtú greca e l'ira. Il navigante
che veleggiò quel mar sotto l'Eubea,
vedea per l'ampia oscurità scintille
balenar d'elmi e di cozzanti brandi,
fumar le pire igneo vapor, corrusche
d'armi ferree vedea larve guerriere
cercar la pugna; e all'orror de' notturni
silenzi si spandea lungo ne' campi
di falangi un tumulto e un suon di tube
e un incalzar di cavalli accorrenti
scalpitanti su gli elmi a' moribondi,
e pianto, ed inni, e delle Parche il canto.
Felice te che il regno ampio de' venti,
Ippolito, a' tuoi verdi anni correvi!
E se il piloto ti drizzò l'antenna
oltre l'isole egèe, d'antichi fatti
certo udisti suonar dell'Ellesponto
i liti, e la marea mugghiar portando
alle prode retèe l'armi d'Achille
sovra l'ossa d'Ajace: a' generosi
giusta di glorie dispensiera è morte;
né senno astuto né favor di regi
all'Itaco le spoglie ardue serbava,
ché alla poppa raminga le ritolse
l'onda incitata dagl'inferni Dei.
E me che i tempi ed il desio d'onore
fan per diversa gente ir fuggitivo,
me ad evocar gli eroi chiamin le Muse
del mortale pensiero animatrici.
Siedon custodi de' sepolcri, e quando
il tempo con sue fredde ale vi spazza
fin le rovine, le Pimplèe fan lieti
di lor canto i deserti, e l'armonia
vince di mille secoli il silenzio.
Ed oggi nella Troade inseminata
eterno splende a' peregrini un loco,
eterno per la Ninfa a cui fu sposo
Giove, ed a Giove diè Dàrdano figlio,
onde fur Troia e Assàraco e i cinquanta
talami e il regno della giulia gente.
Però che quando Elettra udí la Parca
che lei dalle vitali aure del giorno
chiamava a' cori dell'Eliso, a Giove
mandò il voto supremo: - E se, diceva,
a te fur care le mie chiome e il viso
e le dolci vigilie, e non mi assente
premio miglior la volontà de' fati,
la morta amica almen guarda dal cielo
onde d'Elettra tua resti la fama. -
Cosí orando moriva. E ne gemea
l'Olimpio: e l'immortal capo accennando
piovea dai crini ambrosia su la Ninfa,
e fe' sacro quel corpo e la sua tomba.
Ivi posò Erittonio, e dorme il giusto
cenere d'Ilo; ivi l'iliache donne
sciogliean le chiome, indarno ahi! deprecando
da' lor mariti l'imminente fato;
ivi Cassandra, allor che il Nume in petto
le fea parlar di Troia il dí mortale,
venne; e all'ombre cantò carme amoroso,
e guidava i nepoti, e l'amoroso
apprendeva lamento a' giovinetti.
E dicea sospirando: - Oh se mai d'Argo,
ove al Tidíde e di Läerte al figlio
pascerete i cavalli, a voi permetta
ritorno il cielo, invan la patria vostra
cercherete! Le mura, opra di Febo,
sotto le lor reliquie fumeranno.
Ma i Penati di Troia avranno stanza
in queste tombe; ché de' Numi è dono
servar nelle miserie altero nome.
E voi, palme e cipressi che le nuore
piantan di Priamo, e crescerete ahi presto
di vedovili lagrime innaffiati,
proteggete i miei padri: e chi la scure
asterrà pio dalle devote frondi
men si dorrà di consanguinei lutti,
e santamente toccherà l'altare.
Proteggete i miei padri. Un dí vedrete
mendico un cieco errar sotto le vostre
antichissime ombre, e brancolando
penetrar negli avelli, e abbracciar l'urne,
e interrogarle. Gemeranno gli antri
secreti, e tutta narrerà la tomba
Ilio raso due volte e due risorto
splendidamente su le mute vie
per far piú bello l'ultimo trofeo
ai fatati Pelídi. Il sacro vate,
placando quelle afflitte alme col canto,
i prenci argivi eternerà per quante
abbraccia terre il gran padre Oceàno.
E tu onore di pianti, Ettore, avrai,
ove fia santo e lagrimato il sangue
per la patria versato, e finché il Sole
risplenderà su le sciagure umane.

mercoledì 22 aprile 2009

Cos'è l'intelligenza?

Cos'è che determina l'intelligenza di una persona? Cos'è che permette ad un individuo di essere annoverato nella schiera degli intelligenti o degli stupidi?
Mi sento in dovere di scrivere un post che affronti questi interrogativi, dopo una discussione che mi è capitato di affrontare con una mia carissima amica.
Dopo la notizia che un nostro amico si è laureato con il massimo dei voti, 110 e lode!, ella mi chiama e tra le lacrime, in preda alla rabbia, all'invidia e alla demoralizzazione, dà sfogo a tutta la sua insicurezza, accusando se stessa di essere una stupida ed un'inetta per essere indietro con gli studi, non essersi ancora laureta e non avere la media del 30.
Cercando un modo per tranquillizzarla e tirarla su di morale, continuando a sentirmi ripetere le sue stupide convinzioni di non essere intelligente o all'altezza, la mia pazienza ha perso il controllo e mi sono leggermente alterata: non posso assolutamente accettare l'idea che l'intelligenza di una persona possa basarsi esclusivamente su un voto che le venga dato ad un'interrogazione o ad un esame, oppure su un titolo di laura, che, a mio avviso, è solo qualcosa di formale e che per nulla è indice della cultura, dell'apertura mentale e della capacità di ragionamento.
Queste tre caratteristiche per me sono i requisiti fondamentali affinchè una persona possa defirnisi "intelligente".
Purtroppo mi rendo conto di come durante tutto il percorso scolastico tutti noi veniamo profondamente condizionati che il voto che ci viene dato quando un professore ci esamina sia la cosa più importante, condizionati che quel numerino sia indice della nostra intelligenza e della nostra capacità di raggiungere un obiettivo nella vita. Eppure l'esperienza mi ha insegnato che un 9 preso ad una interrogazione non significa proprio un cazzo: avevo compagne al liceo che prendevano voti alti a compiti od interogazioni perchè erano in grado di imparare a memoria quasi tutto il libro, passata però qualche settimana già avevano dimenticato tutto quello che avevano studiato. Quello che dovrebbe essere insegnato è che è completamente privo di significato studiare qualcosa solo per un numero, vana gloria personale; ciò che viene studiato a scuola non è qualcosa fine a se stessa, ma un bagaglio che deve essere conservato e portato dietro, che permette di ampliare il nostro punto di vista e migliorare la nostra capacità di ragionamento.
Allo stesso modo non credo che basti un titolo di laurea perchè una persona possa considerarsi intelligente. Mi è capitato più e più volte di incontrare persone con una laurea, un avvocato un medico o un ingegnere, ma che fossero di una ignoranza incredibile, avessero una mente ristretta e non vedessero aldilà del loro naso; allo stesso modo ne ho conosciute altre che, per quanto prive di un titolo di studio, fossero mosse da un profondo desiderio di leggere, conoscere, informarsi e avessero un bagaglio di conoscenze veramente vasto.

Spero di aver esposto in maniera non troppo confuzionaria il mio pensiero, in qual caso me ne scuso...

Ossequi...

mercoledì 15 aprile 2009

Assignment 7: "Medical Algorithms"

Ho indagato e scrutato attentamente il sito Medal.org
Per cominciare ho letto Introduction e Instructions for new users, aspettandomi qualche esplicativa informazione che mi potesse aiutare nell'orientamento all'interno della pagina web...

How many times when faced with a clinical problem, have you ever?

not looked something up because you just did not have the time?

not looked something up because you did not know where to look?

not calculated something because you forgot the formula or it was too hard to do?

wished you had an objective, evidence-based answer to a clinical problem?

If you answered “yes” to any of these questions, then MedalTM is for you!

Questo è ciò che appare all'inizio dell'introduzione che io, in quanto nuova utente, ho perso tempo a leggere.
Ora, grazie al cielo non ho risposto "yes" ad alcuna delle sopra riportate domande; per fortuna il mio fisico ancora è esente da clinical problems, inoltre ancora sono ben lungi dall'esser medico e dall'affrontare clinical problems. Quindi avrei potuto risparmiarmi di leggere oltre e fare a meno di MedalTM. It's not for me.
Tuttavia, perpetuando la lettura, scopro che tali Medical Algorithms sono complicatissimi calcoli matematici, ma che gioiosamente svolge per noi il computer, i quali risultano particolarmente di aiuto per decisioni mediche, criteri di diagnosi, indicazioni terapeutiche, confronti condizione normale-condizione malata e quant'altro. E tra le persone enumerate nella risposta alla domanda Who is the intended user for Medal? compare anche lo studente di medicina; ergo, probabilmente vale la pena di spendere un po' di tempo nell'esplorare questi logaritmi, anche se per il momento ai miei occhi e alle mie scarsissime conoscenze mediche altro non si mostrano che un semplice gioco.
Aldilà delle futili informazioni che vengono esposte nell'introduzione, ma questo pressocché si verifica in ogni tipo di introduzione, consiglierei di soffermarvi piuttosto sulla Guida che descrive dettagliatamente come creare gratuitamente un proprio account, come muoversi nel sito e come usare questi algoritmi e volendo come scaricare lo spreadsheet per usare l'algoritmo di nostro interesse sul computer.

Mi sono divertita a fare qualche calcolino nella sezione Online calculators : ho fatto il test per la depressione! Risultato...non sono depressa! Ho calcolato ipotetici ed eventuali rischi di obesità...non sono a rischio! Però il risultato sul peso ideale mi dice che dovrei dimagrire di 3 Kg...che palle!

Adesso però tocca a voi..Buon divertimento.
Ossequi...

Assignment 6: "Copyright"

Prendendo un po' con ironia l'argomento pubblico il seguente video...

Assignment 5: "PubMed"

" Indeed, the irony of suicide is that in order to overcome some advertisity of life, life itself is oliterated "

Non sapendo con esattezza su quale argomento fare una ricerca tramite PubMed, mi sono limitata a digitare nello spazio del motore di ricerca la parola Psychiatry; tanto sempre e comunque lì va a cadere il mio interesse!
I risultati che però ho ottenuto in un un primo momento non mi soddisfacevano, perchè dalla pagina di PubMed comparivano solo articoli di cui non era disponibile l'anteprima o di cui vi era solo un corto estratto.
Esplorando però più attentamente il sito ho scoperto che è presenta la sezione PubMed Central, nella quale sono contenuti articoli Free, che possono consultarsi per intero.
Reiterando la mia ricerca con la parola Psichiatry ho scovato un articolo, forse più legato a tematiche di carattere etico che psichiatrico, tuttavia a mio avviso interessante.
Autonomy, rationality and wish to die
L'argomento trattato è il suicidio. Che alegrezza, immagino starete pensando.
Vi invito però a leggerlo.
Si affronta il problema del suicidio, le motivazioni che conducono ad esso, stati depressivi e conflitti interiori. Ci si interroga se sia o meno possibile una scelta ragionata per tale gesto, quello che nell'articolo viene chiamato "Rational Suicide", aprendo poi una parentesi sulla pratica del suicidio nell'antica Grecia e nell'antica Roma e portando ad esempio Socrate, Seneca e lo Stoicismo. Si prosegue affrontando la tematica dell'autonomia dell'individuo, la possibilità che esso ha di decidere per sé o addirittura tra la vita e la morte, concludendo infine con un riferimento alla questione etica dell'eutanasia.